

Il mediatore non deve essere incaricato da entrambe le parti ma è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.
depositoMinutaSentenzaSemplificata
L’art. 1754 c.c. non afferma che il mediatore deve essere incaricato da entrambe le parti ma che tale è colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza. Il rapporto di mediazione, inteso come interposizione neutrale tra due o più persone per agevolare la conclusione di un determinato affare, non postula necessariamente un preventivo accordo delle parti sulla persona del mediatore, ma è configurabile pure in relazione ad una materiale attività intermediatrice che i contraenti accettano anche soltanto tacitamente, utilizzandone i risultati ai fini della stipula del contratto.
In altri termini, la mediazione tipica è soltanto quella svolta dal mediatore in modo autonomo, senza essere legato alle parti da alcun vincolo di mandato o di altro tipo e non costituisce un negozio giuridico, ma un’attività materiale dalla quale la legge fa scaturire il diritto alla provvigione (Cass. Sent. n. 21737/2010).
La giurisprudenza della Suprema Corte è consolidata nel senso che il diritto del mediatore al compenso va ricollegato all’utilità dell’opera svolta dal mediatore nel favorire la conclusione dell’affare; non alle forme giuridiche mediante le quali l’affare medesimo sia stato completato, nè alla circostanza che la formalizzazione finale coincida in tutto e per tutto con le modalità di gestione del rapporto nella fase delle trattative.
La realizzazione del risultato economico perseguito dalle parti prevale su ogni altra considerazione, qualora il suddetto risultato sia stato raggiunto per effetto dell’intervento del mediatore.
Qualora si accerti che il bene oggetto della compravendita è il medesimo in relazione al quale era stato a suo tempo sollecitato l’intervento del mediatore, che il mediatore stesso ha messo in contatto venditore e compratore e che a seguito di tale contatto la compravendita è stata conclusa, spetta al mediatore il diritto al compenso qualunque siano le modalità formali con cui il trasferimento si realizza ed anche se le parti originarie sostituiscano altri a sè nell’intestazione giuridica del risultato finale (Cass. sent. n.4758/2012).
Anche nella fattispecie della cd. Mediazione atipica, vige il principio secondo cui:
“Sia in presenza di una mediazione tipica (a norma dell’art. 1754 c.c., secondo cui è mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, dipendenza o rappresentanza, essendo in posizione di imparzialità rispetto ai contraenti) che di una mediazione atipica (che ricorre nel caso i cui il mediatore abbia ricevuto l’incarico da uno dei contraenti, di svolgere una attività intesa alla ricerca di una persona interessata alla conclusione di uno specifico affare), il rapporto assume carattere contrattuale e può perfezionarsi anche mediante comportamenti concludenti che implichino la volontà dei contraenti di avvalersi dell’opera del mediatore o mediante la semplice accettazione dell’opera da questi svolta. Occorre, quindi, che la parte – destinataria della domanda di pagamento del compenso – sia stata posta in grado di conoscere il ruolo svolto dall’intermediario il quale deve operare in modo palese, rendendo nota la qualità rivestita. L’onere della prova di tali presupposti è a carico della parte che pretenda di essere remunerata per l’opera prestata, trattandosi di elemento costitutivo del diritto al compenso” (Cass. Sent. n.28269/2019).
Va pertanto applicato il principio per cui, ove il rapporto di mediazione sia sorto per incarico di una delle parti ma abbia avuto poi l’acquiescenza dell’altra, quest’ultima resta del pari vincolata verso il mediatore (Cass. Sent. n.21737/2010); presupposto del sorgere di tale obbligazione, per la parte intermediata, è l’avere avuto consapevolezza dell’intervento del mediatore nella conclusione dell’affare (Cass. Sent. n.8126/2009), che nella fattispecie è evidente.
Quanto poi al momento in cui sorge il diritto del mediatore alla provvigione ex art.1755, la Suprema Corte ha recentemente chiarito che:
“Nel contratto di mediazione, il diritto alla provvigione di cui all’art. 1755 c.c. sorge nel momento in cui può ritenersi intervenuta la conclusione di un affare, ossia quando fra le parti messe in contatto dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna ad agire per l’esecuzione (o risoluzione) del contratto stesso; ne consegue che la provvigione spetta al mediatore anche quando sia intervenuto per consentire la stipula tra le parti di un contratto preliminare di vendita di un immobile privo della concessione edificatoria e non regolarizzabile urbanisticamente, posto che la sanzione di nullità prevista dall’art. 40 della legge n. 47 del 1985 si applica ai soli atti di trasferimento comportanti effetti reali e non a quelli con efficacia obbligatoria” (Cass. Sent. n.20132/2022).

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