OMESSA MENZIONE NELL’ATTO DELLA CONCESSIONE EDILIZIA. NULLITA’ FORMALE O SOSTANZIALE?

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Difformità urbanistico-edilizia dell’immobile oggetto di compravendita. 

Il discrimen tra nullità e validità del contratto: dichiarazione degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile da parte dell’alienante.

 

La tematica della nullità del contratto di compravendita per violazione delle norme in materia urbanistica ed edilizia, contenute nell’art. 46 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e nell’art. 40 Legge 28 febbraio 1985, n. 47, è strettamente connessa alla questione in ordine alla natura formale o sostanziale della detta nullità, la cui soluzione ha dato luogo ad intenso contrasto giurisprudenziale.

 

In primo luogo occorre analizzare le disposizioni sopra menzionate, in particolare l’art. 40 L. 47/1985, con riferimento agli immobili realizzati prima dell’1 settmbre1967, così statuisce: “Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali (…) relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’articolo 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione (…)”.

 

Mentre in relazione alla disposizione contenuta ad origine nell’art. 17 della mentovata legge, successivamente abrogato e sostituito dall’art. 46 D.P.R. 380/2001 si rappresenta quanto segue: “Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria”.

Quanto al profilo interpretativo delle norme sopra indicate, occorre evidenziare che, secondo un primo orientamento si tratterebbe di nullità formale, giacché per i fautori di questa tesi, ai fini della validità dell’atto, va riconosciuta rilevanza al solo requisito formale; ragion per cui l’atto è valido per il solo fatto che vi siano menzionati un provvedimento autorizzativo o la avvenuta costruzione anteriormente al 1° settembre 1967, e ciò anche se si tratti di dichiarazione falsa ed il provvedimento citato non esista o l’edificio sia stato costruito dopo il 1967 in assenza di provvedimento autorizzativo (cfr. Cass. 15 giugno 2000 n. 8147; Cass. 24 marzo 2004 n. 5898; Cass. 7 dicembre 2005 n. 26970; Cass. 19 dicembre 2006 n. 27129; Cass. 5 luglio 2013 n. 16876).

 

Secondo un altro orientamento, invece, si tratterebbe di nullità sostanziale, giacché il riconoscimento alla normativa in materia edilizia ed urbanistica di una funzione repressiva e disincentivante degli abusi edilizi presuppone che per la validità degli atti non possa ritenersi sufficiente la semplice menzione del provvedimento autorizzativo, ma lo stesso deve effettivamente sussistere e comunque la costruzione non deve essere stata eseguita in difformità dal titolo citato (cfr. Cass. n. 23591 del 17 ottobre 2013, Cass. 17 dicembre 2013 n. 28194, Cass. 5 dicembre 2014 n. 25811, Cass. 17 settembre 2015 n. 18261).

 

Le Sezioni Unite, chiamate a dirimere il contrasto creatosi nella giurisprudenza in relazione alla natura della nullità per violazione delle norme in materia urbanistica ed edilizia, con la sentenza del 22 marzo 2019 n. 8230 hanno definitivamente chiarito che la nullità̀ comminata dall’art. 46 del D.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 della L n. 47 del 1985 va ricondotta nell’ambito del comma 3 dell’art 1418 c.c., di cui costituisce una specifica declinazione.

Una siffatta previsione deve qualificarsi come nullità̀ testuale, dovendosi intendere con tale espressione, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità̀ che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell’immobile.

 

Ragion per cui, prosegue la Corte “In presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido a prescindere della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato”.

Alla luce di tutto quanto sopra, deve ritenersi che le norme in materia urbanistico-edilizia pongano un medesimo precetto, ovvero che nell’atto si dia conto della dichiarazione dell’alienante contenente gli elementi identificativi dei menzionati titoli, siccome effettivamente esistenti; mentre la sanzione della nullità̀ e l’impossibilità della stipula sono direttamente connesse solo all’ipotesi di totale assenza di una siffatta dichiarazione.