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FaqFaq


Chi è, e cosa fa un avvocato?

L’accesso alla Giustizia è un diritto del Cittadino, e l’avvocato è il professionista che con la propria opera assiste e consiglia il Cliente nei giudizi avanti le autorità giurisdizionali civili, penali e amministrative, ma anche in diverse attività stragiudiziali, dalla redazione di una lettera o di una denuncia, alla stipula di contratti od alla partecipazione ad un’assemblea.
L’esercizio della professione di avvocato è subordinato al conseguimento della laurea, all’effettuazione di un periodo di tirocinio non inferiore a due anni, ed al conseguimento della abilitazione, attraverso un esame di Stato.
La legge professionale (RDL n. 1578 del 27/11/1933) prevede la incompatibilità della professione di avvocato con l’esercizio di attività commerciali e con qualunque impiego (ad eccezione dell’insegnamento o dell’impiego negli uffici legali di Enti Pubblici), al precipuo fine di assicurare la piena autonomia e libertà dell’avvocato, che non deve subire interferenze – nemmeno dal proprio cliente – nelle sue scelte professionali: l’avvocato infatti, prima di iniziare l’esercizio della professione, deve prestare il solenne giuramento che lo impegna ad adempiere ai doveri professionali “con lealtà, onore e diligenza per i fini della giustizia e per gli interessi superiori della Nazione”.
Non si tratta solo di parole: oltre che alla legge penale, l’avvocato è effettivamente soggetto al potere disciplinare del proprio Consiglio dell’Ordine (in secondo grado del Consiglio Nazionale Forense, ed infine avanti la Corte di Cassazione), in procedimenti tutt’altro che infrequenti e nei quali la sanzione, per i casi più gravi,  è costituita dalla definitiva radiazione dall’Albo.

Cerco un avvocato specializzato: come faccio a sapere a quale avvocato rivolgermi per una specifica materia ?

A differenza dalla professione sanitaria, in cui il medico consegue uno o più specifici diplomi di specializzazione (p. es. in otorinolaringoiatria, in cardiologia, ecc.) al termine di appositi corsi, per l’avvocato non sono previste qualifiche che attestino la particolare preparazione in una specifica materia.
Se l’abilitazione all’esercizio della professione consente indifferentemente all’avvocato di assumere la difesa nei processi civili, penali ed amministrativi, la sempre maggiore complessità delle diverse normative sostanziali e processuali fa sì che ogni avvocato in pratica si occupi solo di alcune materie, conseguendo negli anni e con l’esercizio sul campo una vera e propria “specializzazione”: non va poi dimenticato che l’avvocato è obbligato ad un costante aggiornamento professionale (con la frequenza ad appositi corsi).
Fermo restando che molti avvocati forniscono (con siti internet, informazioni sulla propria attività professionale) il cittadino potrà sempre rivolgersi all’Ordine degli Avvocati, ente pubblico preposto anche alla vigilanza sull’operato dei propri iscritti, che sono obbligati a rifiutare tutti gli incarichi che non siano in grado di svolgere con adeguata competenza.
Non posso permettermi la parcella di un avvocato: come faccio ad ottenere il riconoscimento dei miei diritti senza affrontare i costi di un difensore ?

La legge (D.P.R.  n. 115/2002) prevede che i costi del processo siano affrontati dallo Stato, per i cittadini che abbiano redditi inferiori a certi limiti e le cui ragioni non appaiano infondate. Il limite di reddito che consente oggi l’accesso al patrocinio a carico dello Stato è determinato in € 11.528,41 (UndicimilaCinquecentoVentOtto/41) per il nucleo familiare dal D.M. Giustizia 7 Maggio 2015 pubblicato sulla G.U. 186 del 12 Agosto 2015.
Ricorrendo tali condizioni, il cittadino può presentare apposita domanda al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, per ottenere la ammissione al patrocinio a spese dello Stato, e scegliere l’avvocato di sua fiducia tra quelli iscritti negli appositi elenchi.
Vorrei fare prima i miei conti: come posso conoscere in anticipo i costi di un processo ?

Spesso non è facile prevedere i costi di un giudizio, perché non è possibile sapere in anticipo la sua complessità, il tipo di attività a cui la difesa avversaria potrebbe costringerci, il numero delle udienze  o dei testimoni da sentire, il numero e la complessità degli scritti difensivi.
E’ però possibile (richiedendo che la relativa pattuizione venga messa per iscritto):
– concordare con l’avvocato un compenso forfettario prestabilito;
– concordare un compenso rapportato al valore del bene che il giudizio tende a conseguire (per esempio, il 5% del risarcimento  per un incidente stradale, o il 2% del valore di un immobile in un giudizio di annullamento del contratto di acquisto);
– concordare, per le attività stragiudiziali (p. es., assistenza ad assemblee societarie o condominiali) un compenso orario;
– stabilire che la parcella dovrà attenersi agli onorari minimi (od alla media tra minimi e massimi) previsti dalle tariffe forensi, aggiornate periodicamente con Decreto Ministeriale.
Le spese di trasferta fuori sede (viaggio, vitto e alloggio) vanno rimborsate, così come le spese  documentate: è importante sapere che oggi, scomparse le marche da bollo giudiziarie, all’inizio di un giudizio occorre pagare il c.d. “contributo unificato”, di importo proporzionale al valore della causa.
Se si tratta di giudizio per il quale è necessaria una consulenza tecnica (valutazione di danni a cose o persone, accertamenti di difetti nelle costruzioni, ecc.) occorrerà anticipare anche il compenso che il Giudice liquiderà in favore del Consulente.
Nella maggior parte dei casi, il Giudice condannerà poi la parte in torto a rimborsare alla parte vittoriosa le spese del giudizio: è però possibile che tale rimborso non copra per intero le spese effettivamente sostenute. Se vi è soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero (Art. 92 ultimo comma C.p.c.).
Ho iniziato un giudizio con l’assistenza di un avvocato, ma non ne sono per niente contento. Posso interrompere il rapporto, e con quali costi ?

Nel rapporto tra cliente ed avvocato è fondamentale il rapporto di fiducia: quando esso venga meno, sarà nell’interesse di entrambi interrompere il rapporto.
Il codice civile (art. 2237) prevede per il cliente la possibilità di interrompere in qualsiasi momento il contratto d’opera intellettuale, quale è quello che intercorre con l’avvocato.
L’unico obbligo a carico del cliente è il rimborso delle spese sostenute ed il pagamento del compenso per l’opera effettivamente svolta, con esclusione del “mancato guadagno” che – nel diverso caso dell’appalto – è dovuto dal committente.
E’ bene ricordare che l’avvocato non ha il diritto di trattenere “in ostaggio” la documentazione relativa alla causa fino al pagamento della parcella: in tal caso è possibile ottenere l’immediato intervento del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
Occorre, infine, chiarire che anche l’avvocato può rinunziare al mandato conferitogli. In questo caso il difensore avrà il dovere di non abbandonare il giudizio e di curarne gli adempimenti sino al subingresso del nuovo difensore. D’altra parte, il cliente avrà il dovere di munirsi con sollecitudine di un nuovo difensore senza utilizzare strumentalmente ed in mala fede l’obbligo di assistenza del precedente legale.
Sono diversi anni che ho in corso una causa civile, e il mio avvocato mi ha detto che la prossima udienza sarà tra più di un anno: e’ normale questo, o è colpa del mio avvocato ?

Il carico di lavoro dei singoli magistrati è progressivamente aumentato negli anni anche e soprattutto a seguito della crisi economica, la quale determina inevitabilmente un aumento del contenzioso (si pensi all’aumento vertiginoso degli inadempimenti nei pagamenti di somme di denaro). A ciò si aggiunga che la soppressione di molte Sezioni Distaccate e la concentrazione delle udienze presso le sedi principali dei Tribunali ha determinato un affollamento ed una sovrapposizione di udienze ormai insostenibile allo stato attuale degli investimenti per la Giustizia.
La Legge 24 Marzo 2001, n. 89 rubricata “Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile” (GU n.78 del 3-4-2001) Art. 2. Diritto all’equa riparazione.
1. Chi ha subìto un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione.
2. Nell’accertare la violazione il giudice valuta la complessità del caso, l’oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione.
2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità. Ai fini del computo della durata il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notificazione dell’atto di citazione. Si considera rispettato il termine ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni. Il processo penale si considera iniziato con l’assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile, ovvero quando l’indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.
2-ter. Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.

2-quater. Ai fini del computo non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso e di quello intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l’impugnazione e la proposizione della stessa.

2-quinquies. Non è riconosciuto alcun indennizzo:

a) in favore della parte soccombente condannata a norma dell’articolo 96 del codice di procedura civile;
b) nel caso di cui all’articolo 91, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile;
c) nel caso di cui all’articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;
d) nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;
e) quando l’imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini cui all’articolo 2-bis;
f) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.

Dice il proverbio che chi rompe, paga: l’avvocato è responsabile dei propri errori, o il danno resta tutto a carico del cliente ?

Se l’abilitazione all’esercizio della professione consente indifferentemente all’avvocato di assumere la difesa nei processi civili, penali ed amministrativi, la sempre maggiore complessità delle diverse normative sostanziali e processuali fa sì che ogni avvocato in pratica si occupi solo di alcune materie, conseguendo negli anni e con l’esercizio sul campo una vera e propria “specializzazione”: non va poi dimenticato che l’avvocato è obbligato ad un costante aggiornamento professionale (con la frequenza ad appositi corsi). Fermo restando che molti avvocati forniscono (con siti internet, informazioni sulla propria attività professionale) il cittadino potrà sempre rivolgersi all’Ordine degli Avvocati, ente pubblico preposto anche alla vigilanza sull’operato dei propri iscritti, che sono obbligati a rifiutare tutti gli incarichi che non siano in grado di svolgere con adeguata competenza.
L’Art. 1176 comma 2° Cod. Civ. prevede che “Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”. Il successivo Art. 2236 Cod. Civ. prevede, altresì, che: ” Se la prestazione implica la soluzione di problemi itecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave”.

Inoltre oggi tutti gli avvocati devono stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità civile.

Con riguardo alle specializzazione degli avvocati va detto che la riforma dell’avvocatura, contenuta nel D.M. agosto 2015, n. 144 e recante Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 15 settembre 2015, n. 214 disciplina le modalità di svolgimento dei percorsi formativi dell’avvocato specialista fissando i parametri e i criteri sulla base dei quali valutare l’esperienza del professionista nell’area di specializzazione.

Le nuove disposizioni individuano 18 aree di specializzazione (articolo 1):

a) diritto delle relazioni familiari, delle persone e dei minori;
b) diritto agrario;
c) diritti reali, di proprietà, delle locazioni e del condominio;
d) diritto dell’ambiente;
e) diritto industriale e delle proprieta’ intellettuali;
f) diritto commerciale, della concorrenza e societario;
g) diritto successorio;
h) diritto dell’esecuzione forzata;
i) diritto fallimentare e delle procedure concorsuali;
l) diritto bancario e finanziario;
m) diritto tributario, fiscale e doganale;
n) diritto della navigazione e dei trasporti;
o) diritto del lavoro, sindacale, della previdenza e dell’assistenza sociale;
p) diritto dell’Unione europea;
q) diritto internazionale;
r) diritto penale;
s) diritto amministrativo;
t) diritto dell’informatica.

Per il conseguimento del titolo di specialista, l’avvocato deve presentare domanda al consiglio dell’ordine di appartenenza che, verificata la regolarità, la trasmetterà al Consiglio nazionale Forense; l’art. 6 del regolamento stabilisce, altresì, alcuni presupposti per la presentazione della domanda, tra i quali:

– frequenza con esito positivo, negli ultimi 5 anni, di corsi di specializzazione (art. 7) o, alternativamente, comprovata esperienza nel settore di specializzazione (art. 8);
– assenza nei tre anni precedenti di sanzioni disciplinari definitive, diverse dall’avvertimento, conseguente ad un comportamento realizzato in violazione del dovere di competenza o di aggiornamento professionale;
– assenza, nei due anni precedenti, di revoca di un precedente titolo di specialista.

L’avvocato specialista, ogni tre anni dall’iscrizione nell’elenco, dichiara e documenta al consiglio dell’ordine d’appartenenza l’adempimento degli obblighi di formazione permanente nel settore di specializzazione.

Può l’avvocato delegare un suo collaboratore per andare alle mie udienze ?

L’art. 14 comma II della Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense (legge n. 247/2012), in tema di ‘Mandato professionale. Sostituzioni e collaborazioni‘ stabilisce che: ” L’incarico per lo svolgimento di attivita’ professionale è personale anche nell’ipotesi in cui sia conferito all’avvocato componente di un’associazione o societa’ professionale. Con l’accettazione dell’incarico l’avvocato ne assume la responsabilita’ personale illimitata, solidalmente con l’associazione o la societa’.
Gli avvocati possono farsi sostituire da altro avvocato, con incarico anche verbale, o da un praticante abilitato, con delega scritta.