Divisione fatta dal testatore. La controversa questione dei conguagli divisionis causa.

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conguagli ereditari

Nella prassi è assai frequente l’utilizzo da parte del testatore di conguagli a scopi “divisionali”, sotto forma di legati obbligatori aventi ad oggetto denaro non presente nell’asse ereditario.       Si tratta di comprendere se sia possibile comporre in tal modo la quota riservata ai legittimari.

L’art. 734 cod. civ., rubricato “Divisione fatta dal testatore”, attribuisce al testatore la facoltà di procedere alla divisione del patrimonio ereditario, senza doversi attenere alle indicazioni dell’art. 727 cod. civ. in merito alla formazione delle porzioni attribuite ai singoli eredi, salvo il limite della proporzione tra il valore della quota e quello dei beni assegnati e il dovere di ricomprendere nella distribuzione i legittimari, in ossequio al principio di intangibilità quantitativa della legittima.

Detta norma offre al testatore di poter realizzare la distribuzione delle proprie sostanze, anche in presenza di legittimari, secondo logiche puramente divisionali che consentono di prevedere pesi e condizioni sulla legittima.

I superiori vincoli possono, tuttavia, ammettersi solo in quanto strettamente funzionali al regolamento divisionale, considerato che il legittimario non ha diritto ad un valore monetario, bensì ad una quota di eredità, da calcolarsi sul valore netto del patrimonio ereditario che si ricava attraverso l’operazione contabile della riunione fittizia prevista dall’art. 556 cod. civ.

Una volta calcolato il valore della porzione di legittima, rapportandolo alla misura effettiva del patrimonio del de cuius, dato dalla sommatoria del relictum con il donatum ed al netto dei debiti, si ottiene la quota di eredità riservata ai legittimari.

Orbene, in ossequio al principio di intangibilità della legittima, i diritti del legittimario devono essere soddisfatti esclusivamente con beni o denaro provenienti dall’asse ereditario e non con ragioni di credito verso i coeredi; dovendosi, per contro, ritenere nulla l’intera divisione per preterizione del legittimario, ai sensi dell’art. 735, comma 1, cod. civ., nel caso in cui il patrimonio sia attribuito interamente agli altri coeredi e al legittimario si attribuisca solo una ragione di credito verso quest’ultimi.

Diversa è l’ipotesi in cui, il testatore si limiti a prevedere conguagli, ovvero lasci qualcosa al legittimario e, per completare la sua quota di legittima, attribuisca un legato obbligatorio “divisionis causa” a carico di tutti o alcuni dei coeredi, al fine di compensare l’ineguaglianza in natura delle quote ereditarie con un equivalente in denaro.

In questi casi, l’utilizzo del conguaglio da parte del testatore, seppur espressamente ammesso dall’art. 728 cod. civ., deve ritenersi legittimo nei soli casi di stretta necessità, quale strumento idoneo a compensare le disuguaglianze tra valore dei beni attribuiti e quello della quota di coeredità, ciò anche nel caso in cui alla divisione partecipino i legittimari.

A tal uopo, la Suprema Corte insegna: “Il conguaglio in danaro previsto dal prestatore nella divisione dei beni ereditari da lui fatta ai sensi dell’art. 734 c.c. costituisce, non assegno divisionale in senso tecnico, ma legato “divisionis causa”, avente, oltre al fine di correggere le ineguaglianze in natura nelle quote già esistenti all’epoca della formazione del piano di ripartizione da parte del “de cuius”, anche la funzione di assicurare alle quote, sino alla maturazione del diritto al conseguimento delle medesime, il valore originario rispetto agli eventuali squilibri dovuti alla fluttuazione dei prezzi di mercato o ad altri non prevedibili eventi…” (Cass., 23 giugno 1972, n. 2107, in Giust. civ., 1972, I, 1503; Cass., 24 ottobre 1981, n. 5568, in Riv. Not., 1982, 135).

In altri termini, la libertà del testatore di comporre la quota riservata al legittimario, scegliendo i beni che saranno allo stesso devoluti non è scevra da vincoli, giacché le disposizioni testamentarie non possono prevedere un conguaglio in denaro, peraltro non presente nel patrimonio ereditario, qualora tale strumento non sia realmente ed assolutamente necessario a facilitare la divisione del patrimonio del de cuius.

L’ordinamento, in tali casi, consente al legittimario di esperire l’azione di riduzione per lesione della legittima, ciò anche qualora costui abbia già accettato l’eredita, ed infatti la Suprema Corte di Cassazione ha affermato che: “La quota di riserva costituisce oggetto di un “diritto proprio” del legittimario, che non deriva da quello del de cuius. La quota di riserva continua a rimanere oggetto di un diritto proprio del legittimario ancorche’ egli, chiamato all’eredita’ per legge o per testamento, abbia acquistato la qualita’ di erede con l’accettazione: “L’accettazione dell’istituzione di erede universale non esclude, non estingue, non assorbe, ne’ preclude il diritto dell’erede legittimario alla quota di riserva, ne’ l’esercizio dell’azione di riduzione” (Cass. Civ., Sez. II, sentenza num. 16535/2020).