APERTURA SUCCESSIONE. DECORSO DEL TERMINE DI ACCETTAZIONE PREVISTO DALL’ART. 480 COD. CIV. ESTRANEITA’ ALLE OBBLIGAZIONI EREDITARIE. ONERE DELLA PROVA GRAVANTE SUL VANTATO CREDITORE.

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EREDITA'

A norma dell’Art. 480 Cod. Civ. Il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni” (comma 1°). Ed ancora:“Il termine decorre dal giorno dell’apertura della successione e, in caso d’istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione. In caso di accertamento giudiziale della filiazione il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza che accerta la filiazione stessa” (comma 2°). Infine: “Il termine non corre per i chiamati ulteriori, se vi è stata accettazione da parte di precedenti chiamati e successivamente il loro acquisto ereditario è enuto meno” (comma 3°)

Quanto alla decorrenza del termine detto, invero da descriversi come termine previsto dalla legge a pena di decadenza piuttosto che quale termine di prescrizione, si legga: “Al termine di prescrizione, previsto dall’art. 480 c.c. per l’accettazione dell’eredità, sono inapplicabili, salvo determinati specifici casi espressamente stabiliti da detta norma, gli istituti dell’interruzione e della sospensione; infatti, mentre il termine fissato dal giudice per l’accettazione dell’eredità, nell’ipotesi di cui all’art. 481 c.c., è un termine di decadenza, quello entro il quale il diritto di accettare si estingue per il mancato esercizio è un termine di prescrizione, tale essendo espressamente dichiarato dalla legge e, trattandosi di prescrizione, al di fuori delle previste cause di sospensione, non vi sono altri fatti impeditivi del suo decorso per quanto concerne l’esercizio del diritto di accettazione dell’eredità” (Cassazione civile, Sez. II – 10/04/2013 , n. 8776).

Il termine di dieci anni stabilito per l’accettazione dell’eredità, da intendersi quale termine di decadenza, decorre dall’apertura della successione anche a danno dei minori” (Corte appello Napoli 02/07/1984).

Quanto al criterio distributivo dell’onere della prova circa la necessaria qualità di erede, occorre evidenziare come allorquando il creditore intenda convenire in giudizio un soggetto vocato all’eredità in luogo del suo originario debitore, avrà l’onere, su di lui gravante in ossequio al generale principio fissato dall’Art. 2697 Cod. Civ., di fornire la prova che il soggetto convenuto in luogo del De Cuius abbia accettato, tacitamente od espressamente, l’eredità relitta.

Si legga a tal uopo:

“In tema di successioni “mortis causa”, la delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è da sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, essendo necessaria l’accettazione da parte del chiamato, mediante “aditio” o per effetto di una “pro herede gestio”, oppure la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 485 c.c.; nell’ipotesi di giudizio instaurato nei confronti del preteso erede per debiti del “de cuius”, incombe su chi agisce, in applicazione del principio generale di cui all’art. 2697 c.c., l’onere di provare l’assunzione della qualità di erede, che non può desumersi dalla mera chiamata all’eredità, non operando alcuna presunzione in tal senso, ma consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio nella predetta qualità”.

Nella specie, la S.C. cassava la decisione di merito che aveva ritenuto provata l’assunzione della qualità di erede del convenuto in forza della mancata risposta all’invito di pagare il debito ovvero della mancata allegazione da parte di quest’ultimo della rinuncia all’eredità.

(Corte di Cassazione, Sez. L, Sentenza n. 21436 del 30/08/2018).

In ordine al criterio distributivo dell’onere della prova in sede di opposizione a decreto ingiuntivo.

Seppur siano notori i criteri di distribuzione dell’onere probatorio in sede di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo talchè gravi sull’opposto l’onere di fornire piena prova del suo credito, a maggior cautela difensiva, si deduce come rappresenti criterio interpretativo consolidato dall’inveterata giurisprudenza di merito e di legittimità quello per cui l’opposizione a decreto ingiuntivo dia luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, con la conseguenza che, nell’ambito di tale procedimento, il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto che assume la posizione sostanziale di attore, mentre l’opponente, il quale assume la posizione sostanziale di convenuto, ha l’onere di contestare il diritto azionato con il ricorso, facendo valere l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda o l’esistenza di fatti estintivi o modificativi di tale diritto.

Si legga a tal riguardo: “L’opposizione a decreto ingiuntivo non ha ad oggetto i vizi del provvedimento monitorio, ma introduce un ordinario giudizio di cognizione che tende all’accertamento dell’esistenza e della validità del diritto di credito agito in via monitoria. La peculiarità dell’oggetto del giudizio spiega la peculiare posizione rivestita dalle parti, ossia la non coincidenza tra parte in senso formale e riparto dell’onere della prova. Infatti sebbene l’intimato sia attore in senso processuale, lo stesso assume, sul piano sostanziale, la posizione di convenuto, mentre il convenuto opposto – attore in senso sostanziale – deve dimostrare il fatto costitutivo del diritto di credito vantato nei confronti del debitore – opponente. Dunque spetta al creditore opposto provare i fatti fondanti la propria domanda ed alla parte opponente l’inesistenza, l’invalididtà o l’inefficacia del rapporto o l’esistenza di cicostanze impeditive, modificative o estintive della pretesa creditoria” (Tribunale Biella Sez. I 24/07/2024, n. 204).

“Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, la prova costitutiva del credito è onere del creditore opposto che fa valere il diritto in giudizio ed ha quindi il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa mentre il debitore opponente, di contro, dovrà fornire la prova di eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi del credito se solleva eccezioni volte a paralizzare la pretesa creditoria dell’opposta dovrà fornire la prova delle eccezioni sollevate” (Tribunale Taranto Sez. I 08/01/2024, n. 36).